...Con l’auspicio che l’Esecutivo trovi, in uno spirito di comprensione e condivisione, la strada che porti al benessere collettivo


Questo l'intervento del sottosegretario Walter Ferrazza in occasione della odierna ricorrenza nazionale del 4 novembre.

"Autorità civili e militari, concittadini:
Con rispetto porto oggi il mio personale saluto e quello del Governo che rappresento. Siamo qui oggi per celebrare la nostra storia, e con essa il nostro orgoglio nazionale.  
Dobbiamo tornare indietro di 95 anni, era il 4 novembre 1918 quando una nuova Italia si rialzava in piedi dopo il disastro di Caporetto. Si rialzava, e vinceva il più grave conflitto che fino ad allora il mondo avesse conosciuto. Una guerra che ha compiuto il processo unitario iniziato con la Prima guerra di Indipendenza nel 1848. 
Questa è la nostra storia. E da qui dobbiamo ripartire. Dall’orgoglio delle nostre Forze Armate, che il 4 novembre 1918 conquistarono la Vittoria. 
Il luogo in cui ci troviamo oggi, è il più grande Sacrario Militare Italiano. Qui sono ospitate le salme di 100.000 nostri connazionali, che hanno sacrificato la loro vita nella Prima Guerra Mondiale a difesa della loro e della nostra Patria. 
Con loro vogliamo ricordare tutti i soldati morti in quella che è stata definita la Grande Guerra: 689.000 vite votate a lasciarci in eredità il conquistato senso dell’unità nazionale. 
E’ perciò un’area sacra questa, perché conserva in ogni centimetro quadrato la storia e la vita di quei militari.
Onore, stima e rispetto ai caduti in guerra e ai combattenti di ogni conflitto passato, presente e futuro.
Proviamo, anche solo per un momento, a chiudere gli occhi e ad immaginare gli avvenimenti che sono accaduti, magari rivivendoli attraverso il ricordo di alcuni racconti. Solo chi ha vissuto personalmente una guerra , sa quanti sacrifici sono stati compiuti, quanto sangue è stato versato e quante famiglie sono state distrutte. Noi, possiamo solo immaginare.
Voglio ricordare alcune parole che ci ha lasciato il padre del nostro Presidente Giorgio Napolitano. Parlando della Grande Guerra scrisse: “si è immensamente sofferto, ma si ritorna migliori. Tutto soffersero coloro che fecero la guerra, tutto sacrificarono, ma i sopravviventi hanno ereditato un senso nuovo della vita”.
In modo particolare, la Grande Guerra ci ha lasciato in eredità l’Unità e con essa un nuovo ideale di Patria. I giovani di allora hanno sacrificato la loro vita, mossi da grande senso del dovere, per perseguire un ideale, lo stesso per il quale si battono oggi i nostri militari: l’ideale di Patria. Che oltre a dover essere ricordato, va' insegnato, testimoniato e trasmesso. Soprattutto a quei giovani di oggi che, attirati da interessi effimeri, spesso non ne conoscono né il significato, né il valore.
Voglio quindi auspicare che qualsiasi forma di conflitto possa essere risolta, se non addirittura evitata, avvalendosi di atteggiamenti propositivi, evitando quindi egocentrismi e prese di posizione individualistiche.
Perché, come sosteneva Herbert Fisher, storico politico britannico, riferendosi alla Grande Guerra: “ogni nazione era convinta che la propria causa fosse giusta, si credeva minacciata da un perfido nemico bramoso di ucciderla, e pensava che soltanto la propria vittoria potesse salvare l’ordine morale nel mondo”.
E’ quindi doveroso da parte del Nostro Governo che qui rappresento, continuare a gestire i rapporti nazionali ed internazionali con intelligenza e scelte condivise, percorrendo la strada della concertazione e della collaborazione. Sia questo un forte segnale anche di unità nazionale, di quell’Unità Nazionale che oggi commemoriamo. 
Con l’auspicio che l’Esecutivo trovi, in uno spirito di comprensione e condivisione, la strada che porti al benessere collettivo, dove la coesione sociale sia la vera risposta alle attuali necessità di ciascun individuo e di tutta la comunità, prima su tutte il lavoro, dove il confronto nel dialogo sia la soluzione all’eccesso di personalismi cui stiamo assistendo. 
E che il messaggio di impegno diventi anche un messaggio di speranza per quanti oggi si aspettano meno conflitti e più mestiere.